E’ successo che qualche mese fa mia figlia ha perso Teddy, il suo orsetto preferito e in casa Giunti è arrivata l’apocalisse.
L’orsetto Teddy era quello che dormiva con lei e la seguiva ovunque. La prima cosa che cercava quando tornava dall’asilo.
Purtroppo è un orsacchiotto ormai introvabile perché era contenuto in una confezione di shampoo ricevuto anni fa in regalo per la sua nascita e non più in produzione.
L’ho cercato ovunque, fino al largo dei bastioni di Orione. Non c’era. Non lo fanno più.
Se hai figli piccoli anche tu oppure se ti ricordi quanto eri innamorato della tua bambola o del tuo peluche da piccolino potrai capire la disperazione che ha colpito casa mia: pianti, urli, notti insonni a convincerla ad accettare una bambola bionda, un draghetto blu o il leone Alex in momentanea sostituzione.
Niente da fare.
Mi sono messo subito in azione e per una volta ho usato la mia magia per affari personali: Ho disegnato e scritto il testo per un volantino, l’ho attaccato in giro per Bologna, ovunque, e ho diffuso la notizia sui social facendo della ricerca dell’orsetto una piccola storia.
Immediatamente la cosa è diventata virale, ma virale per davvero.
Ho scritto il primo post alle ore 14, alle 20 aveva già raggiunto le 678 condivisioni e sono stato contattato dal Corriere di Bologna che voleva scrivere un articolo sulla scomparsa di Teddy.
Il giorno dopo la notizia è diventata un caso: il mio post stava toccando le 2000 condivisioni e siti web e altri media (giornali, radio…) scrivevano di Teddy e mi chiamavano per avere notizie (Qui un altro articolo sulla scomparsa dell’orsacchiotto).
Ho parlato nel programma di Pif su Radio Due e le parole del mio appello sono state riprese da testate nazionali.
Da ogni parte di Italia mi sono arrivate offerte di nuovi orsetti o parole di incoraggiamento e supporto per mia figlia.
Nei giorni seguenti le condivisioni del post e il rumore mediatico è cresciuto, ancora e ancora, quasi 8000 condivisioni.. pagine di giornali, siti web, telefonate, interviste sull’orsetto Teddy scomparso…
Mia figlia ha riavuto il suo orsetto dopo una settimana (non proprio IL SUO ORSETTO, ma questa storia te la racconto un’altra volta con calma, perché contiene una bella lezione di Marketing) ma in quella settimana, che a me è sembrata durare tre mesi, il mio telefono suonava continuamente per richieste di interviste, interventi o aggiornamenti e sembrava di vivere in un mondo fatato dove l’evento più drammatico del momento fosse una bambina che aveva perso il suo orsetto Teddy…
Un Orsetto Ti Salverà il Brand?
Come hai visto dai link che ho messo non sto inventando niente, è tutto vero.
Un solo post ben studiato su Facebook mi è bastato a mettere in moto una macchina che ha calamitato sul mio messaggio un’attenzione mediatica che certe campagne pubblicitarie costate migliaia di euro non raggiungono in mesi e mesi di programmazione.
Fatto tutto senza spendere un euro e a una velocità stratosferica, se hai mai cercato di far uscire un articolo con un tuo comunicato stampa sai bene quanto sia difficile cercare di farsi ascoltare da un qualsiasi giornalista.
Pensa invece come sarebbe bello se io potessi fare per la tua azienda quello che ho fatto per il mio appello, farti ottenere tutto questo interesse a costo zero con una semplice idea.
Immagina se con pochi soldi e tanto genio fosse possibile replicare questo risultato, creare un evento eccezionale che facesse talmente tanto rumore da attirare gli occhi di tutti sulla tua nuova campagna pubblicitaria, fare in modo che tutti ne parlino, la condividano su Facebook, venga ripresa da giornali e televisioni, far squillare continuamente il tuo telefono con chiamate di giornalisti che vogliono saperne di più, che vogliono fare articoli e interviste…
Questa forma di promozione dove, attraverso tecniche di comunicazione non convenzionali a basso budget, si crea qualcosa di anomalo e originale per colpire l’immaginario e stimolare la curiosità degli utenti che poi attraverso il passaparola lo facciano rimbalzare sui vari social e che spesso, come in questo caso, ottiene grande interesse anche dai mezzi di comunicazione tradizionale, si chiama Guerrilla Marketing (qualcuno la chiama anche Ninja Marketing). E in questo caso direi che ha funzionato alla grande.
Attirare l’attenzione, far parlare la gente, incuriosire, emozionare… questo è il mio lavoro, è ciò che so fare meglio. Posso farlo quando voglio, anche per te e per la tua azienda.
Forte, eh?
Guerrilla Marketing è davvero Marketing?
Ok, fermo, fermo, sto giocando con te. Ma se hai letto bene il titolo di questo post sono certo che non ci sei cascato.
Lo scopo di questo post non è raccontarti come sono riuscito a ottenere annunci gratuiti per migliaia di euro scrivendo un testo efficace o a far diventare facilmente qualcosa – virale – sapendo toccare le giuste leve.
Un altro pubblicitario più furbetto lo farebbe, ma non io che non sono furbo.
Quello che voglio dirti infatti è l’esatto contrario.
Quella che è storia vera di un padre pubblicitario disposto a usare tutta la sua potenza di fuoco finché chi ha trovato l’orsetto di sua figlia lo riporti senza fare storie in realtà offre un ottimo spunto per parlare di qualcosa che riguarda le PR efficaci, e voglio parlartene per evitare di farti fregare.
Attirare attenzione e interesse, anche se è Tanta Attenzione e Tanto Interesse, in questo modo, incuriosendo le persone con qualcosa che non è semplicemente il tuo prodotto e le sue particolarità, è una operazione totalmente inutile.
Queste non sono pubbliche relazioni buone per costruire il tuo brand e non servono assolutamente a nulla.
E’ vero che per una settimana ho ricevuto decine e decine di telefonate da parte di giornalisti, ma è vero anche che la prima cosa che mi veniva chiesta era sempre questa:
- Si Tratta Di Una Campagna Pubblicitaria?
I giornalisti sono persone e le persone non sono stupide. Queste “trovate pubblicitarie non convenzionali” sono diventate ormai all’ordine del giorno, e la gente sente immediatamente puzza di bruciato, non si fida, ci sta molto attenta.
Talvolta qualche cervellino creativo riesce a ottenere l’effetto sperato, ovvero far scattare la trappola, ingannare molte persone e fare in modo che il suo annuncio viaggi velocemente tra le condivisioni dei social, come la recente operazione “Un’ Amore” del canale Real Time, ma è davvero tanto rumore per nulla.
Condivisioni sui social, passaparola e qualunque altro tipo di attenzione ottenuta in questa maniera non serve a un brand, non serve a vendere, non serve a nulla di utile per una azienda. Anzi.
Lasciami dire che distrugge totalmente il rapporto di fiducia che dovrebbe esserci tra un brand e i suoi clienti.
La Pubblicità non è l’arte dell’inganno, del sotterfugio e della trappola. Non è un film di Hitchcock o Christopher Nolan, non è fatta per sorprenderti, farti credere una cosa e poi rivelarti che ci sei cascato. E non è neanche un maestoso spettacolo col solo scopo di intrattenerti, farti battere il cuore o saltare sulla sedia come il circo Barnum.
La Pubblicità è verità detta bene.
In realtà la citazione esatta sarebbe – Il Marketing è verità detta bene – ma essendo la pubblicità una leva del marketing funziona anche così.
Se quello che ti ho raccontato fosse stata davvero una azione di guerrilla marketing per Mustela, la ditta di prodotti per l’infanzia produttrice dello shampoo a cui era allegato l’orsetto, qualcuno avrebbe dovuto rispondere ai giornalisti che chiedevano se quella non fosse solo l’ennesima trovata pubblicitaria.
Si sarebbe potuto rispondere di NO per far continuare il giochino, rischiando poi di farli sentire usati in malafede, e giocandosi la loro collaborazioni per iniziative più sensate oppure si sarebbe potuto dire SI, perdendo il loro interesse (e quindi non ottenendo nulla) oppure ottenendo attenzione sì, ma per la campagna e non per il prodotti di Mustela.
Il Grande Errore del Guerrilla Marketing
Il grande errore commesso da chi seguita a sostenere che – però se n’è parlato ovunque, quindi ha funzionato – è che non capisce che si parla sempre della campagna pubblicitaria, della provocazione messa in atto, dell’originalità dell’idea, della curiosità che ha generato o di quanto sia stata ben architettata, ma non si parla MAI, e sottolineo MAI del prodotto.
Ma qualunque azione di marketing, fatta con qualunque mezzo e usando qualunque linguaggio, e quindi anche la pubblicità e le pubbliche relazioni, raggiunge il suo scopo, ovvero lo scopo per il quale è stata pagata dall’imprenditore se nella testa del possibile cliente risponde a domande tipo
- Perché devo comprare ora questo prodotto?
- Che succede se invece ne compro un altro?
- Perché è il più adatto per me?
- Che problema mi risolve?
- In che cosa cambia in meglio la mia vita rispetto al prodotto o alla soluzione che sto usando adesso per ottenere lo stesso risultato?
- Etc
Non rientra negli scopi del marketing incuriosire, emozionare e divertire.
Il marketing, non si occupa di divertimento. E’ vero che talvolta il marketing produce cose divertenti, commoventi o emozionanti, ma questa è una cosa marginale. Il marketing si occupa solo di trovare il modo più diretto e rapido di creare o difendere un brand, vendere tutto quello che sia possibile o distruggere la concorrenza.
Non esiste il guerrilla marketing, ninja marketing, emotional marketing, etc. Esiste solo il marketing. E il marketing serve a vendere. Punto.
Quindi, tutta l’attenzione dei media di questa terra che non serva a parlare in maniera diretta del brand per raccontare ai suoi potenziali clienti tutte le fantastiche cose che il brand può dargli, e che non contribuisca a infilare almeno un seme nella loro testa che, insieme a altre azioni di marketing, poi diventi una forte, potente e inossidabile motivazione d’acquisto e di fedeltà è totalmente inutilizzabile.
Non mi convinceranno mai i pubblicitari e marketer creativi che sostengono che la missione delle agenzie pubblicitarie non riguarda solo la vendita di un prodotto, ma serve anche a generare “affezione alla marca”, “coinvolgimento”, “familiarità” e mostruosità varie.
Io sono stato un creativo, un vero creativo come quelli che si vedono nei film americani, brillante, estroso e con dei buffi occhiali.
Per molti anni e ho tirato fuori per i miei clienti di allora numerose idee geniali che hanno attirato grande attenzione… sulle campagne, ma non ho mai visto clienti più felici di affidarmi i soldi del loro budget come i miei clienti di adesso, che lavoro con un metodo scientifico, testato, con risultati misurabili e basato sull’analisi e non sul guizzo creativo.
Non sono un creativo pentito. Sono un creativo evoluto.
Non ho nulla contro la creatività, è chiaro che serve una mente viva e fertile per la pubblicità e il marketing, sennò se ne occuperebbe un computer e non io, ma ci sono molti passi che vanno fatti prima di mettere in campo la creatività.
Il guaio di certe agenzie è che mettono la creatività all’inizio del processo e questo produce campagne pubblicitarie divertenti che si fanno notare dalle persone o dai media solo per ottenere risultati importanti come un jingle fischiettato solo la doccia facendo l’elefantino, un paio di centinaia di like un tanto al kilo su Facebook o una statuetta dorata come premio data da qualche associazione di categoria in una serata di gala a base di sashimi e pratiche creative erotiche reciproche.
Solo per farti un esempio, hai presenti le campagne della birra Ceres sui social media, quelle che fanno tanto ridere e che probabilmente avrai condiviso pure tu qualche volta su Facebook?
Nel 2016 tutta questo “engagement” ha prodotto lo 0% di vendite in più, -1% di revenue (volume d’affari).
Dai un’occhiata alla pagina 11 del report Q2 di Royal Unibrew, proprietaria del marchio Ceres.
Gli imprenditori pagano le agenzie pubblicitarie con dei soldi che non rivedranno mai. Hasta la Vista, Baby.
Io invece ho l’abitudine di considerare i soldi dei miei clienti dagli eroi che partono per una missione che li faccia tornare moltiplicati dieci, cento, mlle volte, pensa te.
…e se il prodotto da vendere fosse stato l’orsetto?
Probabilmente te lo sei chiesto, vero?
No nemmeno se il prodotto fosse stato l’orsacchiotto sarebbe stata una cosa sensata.
Ho già detto che le persone si irritano a essere prese in giro, non puoi giocare con le emozioni delle persone e pensare di farla franca.
C’è sempre grande sfiducia verso le pratiche di marketing, e la gente è sempre pronta a punire chi gioca slealmente. Questo è vero in maniera universale, ma è ancora più vero in Italia dove siamo sempre tutti pronti a diffidare di chiunque e a temere di essere fregati.
Ti ricordo che la prima domanda che mi veniva fatta da chiunque era: Ma è una campagna pubblicitaria?
Le persone vengono esposte continuamente a azioni pubblicitarie, più o meno dichiarate, e ormai stanno sempre con gli scudi alzati.
Un gran numero di persone che ha creduto di partecipare a una cosa bella e nobile che poi scopre di essere stata usata e presa in giro è qualcosa che non vorresti vedere rivoltarsi contro di te e la tua azienda.
Il modo corretto di generare lealmente interesse e far parlare dell’orsacchiotto sarebbe stato creare una storia interessante sull’orsacchiotto perduto.
Tutti noi siamo disposti a credere alle favole, se lo facciamo di nostra scelta.
Inventare storie che vendono per davvero
Conosci le Cabbage Patch?
Le Cabbage Patch sono alcune bambole che negli anni 80 ebbero un successo di vendita strepitoso.
La loro caratteristica particolare era che ogni esemplare era diverso da tutti gli altri e quindi un pezzo unico e irripetibile, con un proprio nome e dei documenti personali (certificato di nascita e certificato di adozione).
Il loro creatore, Xavier Roberts, e sua moglie le lanciarono sul mercato dei giocattoli inventando una fiaba che raccontava la loro storia e spiegava da dove erano arrivate:
“Il personaggio di Xavier Roberts era un ragazzino di dieci anni che aveva scoperto i Cabbage Patch Kids seguendo un’ape-coniglio (BunnyBee) dietro una cascata in una valle magica dove nascevano i bamboli. Per evitare che i bamboli fossero catturati dalla malvagia Lavendar McDade che intendeva sfruttarli come schiavi nella sua miniera d’oro, Xavier Roberts cercò di dare i bamboli in adozione a famiglie affettuose.”
Questa storia era allegata in un libro che accompagnava ogni bambola, e questo rendeva facilissimo ai genitori raccontare ai figli l’arrivo della nuova bambola come un evento straordinario.
Negli Stati Uniti le Cabbage Patch e la loro storia monopolizzavano le pagine dei giornali e delle trasmissioni televisive, ne parlavano ovunque.
Per molti anni sono state uno dei regali più ambiti, la gente si picchiava per strada per riuscire a prendere l’ultima bambolina rimasta nei negozi.
Io in quegli anni ero abbastanza piccolo, si parla del 1982 circa, e naturalmente non essendoci internet le notizie non erano così globali eppure ricordo benissimo che anche sui giornali italiani se ne parlava tantissimo, la foto di queste testone rotonde con gli occhietti grandi apparivano anche sulle riviste che leggeva il mio babbo, tipo Panorama o Epoca, non esattamente riviste dedicate ai giochi dei bambini…
Questo è quello che accade quando costruisci una storia attorno a un prodotto, e hai le idee molto chiare sui destinatari della storia e quindi sul linguaggio giusto da usare.
Questo è vendere con le PR.
Non Ti Serve la Guerrilla Ti Serve una Storia.
Una buona storia sul tuo prodotto è già una potente arma. Non hai bisogno di ninja marketing non convenzionale per farti ascoltare.
Siamo tutti continuamente in cerca di storie, e le andiamo a cercare ovunque. Non solo sui libri e sui giornali. Cosa è Facebook se non un gigantesco libro di storie nuove ogni giorno? Cosa sono i blog, instagram, snapchat, etc…
E i media lo sanno bene, e sono prontissimi e ben felici di accogliere pure la storia del tuo prodotto, se riesci a raccontarla non come semplice promozione ma come qualcosa di nuovo che le persone sono interessate a conoscere per placare le loro paure, incoraggiare i loro sogni, risolvere i loro problemi o vincere i loro nemici.
Queste sono le pubbliche relazioni che funzionano.
La tua storia che rimbalza da una rivista all’altra, e poi da un quotidiano a un sito web, portandosi dietro ogni volta le ragioni uniche per le quali il tuo prodotto è unico e necessario, i suoi superpoteri, i nemici che combatte, il mondo migliore che cerca di creare, le origini del suo mito.
Questo è il marketing.
Così si costruisce un brand.
E la cosa comoda è che non devi farlo da solo.
Posso farlo io per te.
Devi solo raccontarmi bene le caratteristiche speciali del tuo prodotto/servizio sulle quali possiamo costruire una storia. Il resto è la mia magia.
E se davvero dopo aver esaminato ogni aspetto di quel che vendi scopriamo che non è possibile farlo hai un problema.
Se non hai una storia hai un problema.
Se non c’è alcuna ragione per far parlare di te, se non è possibile raccontare una storia che veicoli rapidamente il tuo messaggio e lo renda chiaro e forte sarà molto molto difficile che tu possa creare un vero brand fissato come un chiodo nella testa dei tuoi clienti.
Puoi investire in pubblicità tutti i soldi che vuoi per cercare di rendere il tuo prodotto interessante, unico e particolare, ma nessuno crede più alla pubblicità, non dirmi che non lo sai.
Decine e decine di anni fa, quando ho iniziato io a lavorare in questo campo tanti soldi in pubblicità riuscivano ancora a comprare tanti clienti, ma ormai non è più possibile.
Figurati come sono felice di dirtelo io, che sono un pubblicitario, ma le cose stanno proprio così, puoi leggerlo in qualunque libro, blog o articolo serio e documentato di marketing, come quelli di Al Ries se te la cavi con l’inglese o Frank Merenda, uno dei miei maestri, in Italia.
L’incredibile esposizione allo tsunami di brutta pubblicità degli ultimi anni ha disintegrato ogni sua forma di credibilità e le persone, io compreso, semplicemente la ignora, non ci crede, la evita e la cancella dal suo cervello appena la riconosce.
Pubbliche Relazioni in Attacco, Pubblicità in Difesa.
La pubblicità, quando è fatta bene, può solo difendere con le bombe l’idea che i tuoi clienti già hanno di te e tagliare le gambe alla concorrenza ogni volta che tenta di mettere un piedino nell’ area di mercato che col tuo posizionamento hai occupato.
La pubblicità non può creare un brand.
Anche questa è una cosa nota, almeno tra chi è interessato a farti tornare indietro molti più soldi di quelli che investi.
Le agenzie pubblicitarie più creative lo negheranno fino alla morte, ti diranno che per creare un brand serve tempo, che la pubblicità è un investimento che non va mai interrotto, ma prova a chiedere loro di mostrarti un documento, un grafico, qualcosa che dimostri il ritorno economico delle loro campagne e li sentirai spostare il discorso sulle belle giornate di Febbraio che ormai si stanno allungando…
La verità è che i Brand si creano con le pubbliche relazioni ma nessuno è interessato a parlare di qualcosa di anonimo e comune, tanto meno stampa, siti web e Tv, che sono i cardini delle tue pubbliche relazioni.
E ricordati che a noi interessa far parlare del tuo prodotto, e un pezzo alla volta far arrivare il tuo messaggio sotto gli occhi o agli orecchi dei tuoi clienti da sogno, non attirare l’attenzione con una genialata di Guerrilla Marketing che fa scatenare tutti i social per un paio di giorni.
Ma non preoccuparti. Se davvero credi non ci sia niente nel tuo prodotto/servizio che possiamo usare per creare storie buone per riuscire a vendere con le pubbliche relazioni possiamo lavorarci insieme per sistemarlo, modificarlo, aggiustare l’offerta o evidenziare certi aspetti che hai sottovalutato ma che invece sono importantissimi per una nicchia ben precisa del tuo target.
Questo è quello che so fare meglio, in realtà. Poi penseranno i miei migliori uomini a farlo arrivare alle redazioni dei giornali, ai siti web più indicati o dove serve che si parli di te per raggiungere il massimo impatto.
Clicca qui o sull’immagine qui a fianco e chiedimi una consulenza gratuita, faremo insieme una prima valutazione su quello che è possibile fare con la tua azienda, poi deciderai come procedere.
Oppure chiudi pure questa pagina e muoviti come preferisci per il tuo marketing, ma dai retta a me, tieni fuori ninja marketer, guerriglieri creativi e orsi ballerini dalla tua azienda…
Peccato non avere ancora l’azienda. Mi avevi convinto
ma il nome dell’azienda che produce lo shampoo dell’orsetto l’hai messo….pure col link 🙂