Arte CreativaIo adoro la creatività.

Do l’assalto a musei e esposizioni, che mi lasciano a bocca aperta e poi passo ore a sfogliare nuovamente i cataloghi. Mi emoziono al cinema e ripenso alle scene più potenti per anni. Sopra il mio divano in soggiorno c’è un lungo scaffale che prima o poi mi crollerà in testa uccidendomi sotto tonnellate di pesanti libri d’arte e fumetti rari. Sono felicissimo di avere tra i miei migliori amici numerosi architetti, fotografi e artisti le cui idee e visioni mi illuminano davvero. La creatività la amo, la ammiro e m’incanta.

Ma tutto questo quando la creatività ha a che fare con l’arte, non con l’advertising.

La Pubblicità Creativa è dannosa quanto la Finanza Creativa per le aziende: le affossa e le distrugge.

Era il 1998, o poco prima, e con la giacca ancora bagnata dalla pioggia di Novembre, davanti alla porta della azienda di un cliente stavo per capirlo definitivamente per non dimenticarmelo mai più.

Era una delle più famose aziende di Spedizioni Internazionali in Italia, spedivano merci da 70 anni, da piccoli campioni di tessuti a immensi macchinari, e su certe tratte non avevano rivali in tutto il paese. Il vecchio figlio del fondatore era andato in pensione e adesso il nipote, un trentenne abbronzato in abito grigio e lo sguardo alto da Bocconiano, dirigeva l’azienda con un sacco di idee e, facile dirlo, il preciso intento di dare un taglio al passato. Era lui che mi stava aspettando.

Signor Giunti, ben arrivato. Le presento Lisa (il vero nome ovviamente non è questo), la nostra Responsabile Creativa

Una Responsabile Creativa in una azienda di Spedizioni Internazionali? Vabbè. Lisa è una ragazza sui venticinque anni, piccola, bionda e con due grandi occhiali rettangolari neri. Ricordavo di averla già vista da qualche parte.

Ero stato avvertito che lei e il CEO avevano già buttato giù un’idea che io avrei dovuto sviluppare.

Adesso non accetto mai lavori dove non ho il pieno controllo, ma quello era uno dei primi clienti di una certa importanza che si rivolgeva a me e allora non ero troppo rigido. Errore fatale.

Ci accomodiamo in una immensa sala riunioni e la Creativa delle Spedizioni Internazionali collega il suo Mac decorato con adesivi di alieni blu al video proiettore e riempie la parete con la bozza della sua idea per la pagina pubblicitaria da utilizzare per la nuova campagna: un uomo, un manager, nel suo ufficio, con i piedi sulla scrivania mentre contempla un calendario con un enorme container arancione adagiato su una spiaggia tropicale. L’headline è una cosa tipo – Portiamo La Vostra Merce Dove Avete La Mente Per Tutto l’Anno

Questo è solo per farti visualizzare la cosa” dice “chiaramente puoi pensarla meglio. L’idea è quella di rendere più fruibile il concetto di International Freight Forwarder, e renderlo accessibile non solo alle grandi industrie ma anche a imprese più piccole. Vorrei togliere un pò di austerità all’immagine delle spedizioni, per differenziarci dalla concorrenza, e dare un’immagine più fresca, capito?

Adesso me lo ricordo dove l’ho già vista la creativa. Era su una di queste riviste da Art Director, dove si fa la conta dei premi vinti dalle varie campagne pubblicitarie, oltre a comunicare le fusioni di agenzie e le nuove aperture e dove si pubblicano le interviste a Vecchi Saggi della Pubblicità e Giovani Jedi della Creatività. Lei era una di questi.

Dunque, un calendario con un container al posto di una top model spiaggiato sull’oceano e un manager che lo guarda con desiderio. L’idea creativa.

E’ questo il problema dei creativi. Devono assolutamente essere inaspettati, rivoluzionari, sorprendenti anche quando non serve.

Ecco cosa dice Wikipedia su chi sono i creativi:

Il verbo italiano “creare”, al quale il sostantivo “creatività” rimanda, deriva dal “creare” latino, che condivide con “crescere” la radice KAR. In sanscrito, “KAR-TR” è “colui che fa” (dal niente), il creatore. (…) La Creatività è la capacità di produrre qualcosa di originale, di nuovo e differente.

Ma che succede se invece la cosa giusta, quella che funzionerebbe meglio, la più adatta alla situazione e al risultato desiderato, fosse invece qualcosa di tradizionale, testato e comune?

Chiaramente non è un pensiero che un pubblicitario creativo possa permettersi. Nessun creativo sulla faccia della terra è pagato per pensare qualcosa di tradizionale e comune. Le nonne danno consigli frutto del buon senso e dell’esperienza non i creativi che appaiono sulle riviste mensili da €15.000 sulla Pubblicità Italiana.

I creativi combattono battaglie che difficilmente sono quelle che aiuterebbero il cliente in faccende così terra terra come aumentare le vendite o difendere la posizione predominante di mercato. La creatività è un’arte che non può essere annacquata con queste robe commerciali.

Restando concentrati sulla creatività i creativi delle agenzie di pubblicità e marketing spesso sottolineano indirettamente che quello è il vero campo di battaglia: l’idea originale, lo spot o l’affissione più incredibile, quella che diventa virale e della quale poi si parla sui social tra amici, il claim che diventa un modo comune di dire, come Just Do It…

Creatività Stupida

Il Marketing Non è Una Guerra Tra Annunci Creativi, ma una Guerra Tra Prodotti.

Secondo loro il Marketing è uno Scontro Tra Maghi Della Creatività, non una Guerra di Prodotti. E’ quella la guerra che vogliono vincere, perché questo significa premi, riconoscimenti, pubbliche relazioni sui giornali, visibilità e chiaramente nuovi clienti.

Un nuovo incarico è molte volte solo un pretesto per avere materiale nuovo da sottoporre alla giuria di Cannes e vincere il Leone D’Oro.

E la magia più grande nella bacchetta magica dei Maghi della Pubblicità è convincere pure i clienti che “Wow, Abbiamo Vinto Un Premio. Lo Abbiamo Fatto Per Voi. Visto Che Grande Campagna Vi Abbiamo Creato? E Non Lo Diciamo Solo Noi, Eh… C’hanno Pure Premiato…

Perché nelle agenzie pubblicitarie attaccati alle pareti, come teste di leoni, ci sono i loro annunci migliori e più premiati e non ci sono i dati di vendita dei clienti che loro hanno aiutato a crescere?

Ci hai mai pensato? Di cosa vanno fieri i pubblicitari, di solito? Della novità delle idee.

Si è mai vista una Ditta di Spedizioni che presenta un Container come una modella di La Perla? No, dunque è creativo, è un’idea, farà colpo, la gente ne parlerà. Se nessun’altro lo ha mai fatto funzionerà.

E’ davvero così che le agenzie creative lavorano molte volte: gli altri usano fotografie per le pagine di questo prodotto? Noi useremo dei fumetti. Tutti usano musica pop nei jingle? Useremo un pezzo rock. Vanno per la maggiore testimonial famosi? Faremo interviste alla gente che esce coi sacchetti in mano dai supermercati. Le altre Aziende Di Spedizione Internazionale usano foto di aeroporti e ferrovie? Noi useremo il mare dei Caraibi. Così, senza nessun legame col prodotto e la sua idea differenziante, senza nessuna altra giustificazione che “distinguersi”, “farsi notare”, “risultare interessanti, innovativi, incuriosire”, “essere originali”. Che sono quasi tutte cose molto sensate…

…se fossero riferite al prodotto e non all’annuncio.

Quello che dovrebbe essere originale, nuovo e differente è il prodotto, non la pubblicità.

David Ogilvy Annuncio 1

“Un buon annuncio è quello che vende il prodotto senza attirare l’attenzione su se stesso”

La pubblicità ha bisogno di credibilità, non di creatività.

E’ la novità rappresentata dal prodotto che dovrebbero urlare a squarciagola le agenzie di pubblicità e marketing, e non il genio rappresentato dai loro annunci.

Dovrebbe diventare famoso il prodotto, non l’annuncio, non so come dirlo meglio. Scusa se mi ripeto, ma questa è proprio una cosa importante, e io non mi do pace che il povero Al Ries, uno dei miei marketer di ammirato riferimento, la dica da anni e pochissimi lo ascoltino pure negli Stati Uniti, patria del Marketing degli Illuminati.

…ma ora torniamo dentro, rientriamo nella sala riunione. Ecco come avrei voluto fare io.

Chiaramente non ero d’accordo con la creativa Lisa.

Avevo fatto i compiti a casa. Leggendo il materiale che mi ero fatto mandare avevo scoperto che la ditta aveva messo a punto un sistema di imballaggio particolare per il trasporto su gomma, le spedizioni via aerea e via mare, e per lo sdoganamento, oltre a un sistema di monitoraggio con telecamere nei magazzini per evitare intrusioni e manomissioni. Questo rendeva le spedizioni estremamente più sicure.

A me sembrava una cosa da sottolineare, soprattutto perché la comunicazione della concorrenza puntava principalmente sul – Consegnamo in Tempo – o – Consegnamo Ovunque – ma nessuno si focalizzava in modo deciso su – Lo Facciamo Arrivare a Destinazione Intatto, e Perfetto Come Ce Lo Consegnate -.

E trattandosi spesso di materiale molto, molto delicato come tessuti di alta moda, enormi apparecchiature meccaniche o pezzi di arredamento pregiati, ero certo che fosse una promessa interessante. Del tema della – Sicurezza Della Merce Arrivata Intatta – avrei voluto farne addirittura lo slogan ricorrente della ditta.

Avevo pensato quindi, di creare degli annunci che paragonassero l’attesa della merce, e quindi l’ansia che ne consegue, all’attesa di un neonato e all’apprensione che si ha fino al giorno della nascita di sapere che è andato tutto bene. Con la rassicurazione che con il sistema progettato la merce sarebbe stata protetta e sicura e monitorata costantemente. E i clienti potevano stare tranquilli. O almeno tutti i clienti per i quali questo era un valore importante.

E a me sembrava pure troppo “creativa” come idea, ci sarebbe stato da lavorarci, capire bene il tipo di immagine da utilizzare, ma almeno avrebbe avuto un minimo di senso che posizionasse l’azienda in una nicchia nella testa dei clienti lasciato libero dalla concorrenza.

Per il posizionamento vero e proprio, chiaramente, avrei lavorato di pubbliche relazioni per ottenere spazi e articoli su riviste di settore e generiche, ma, essendo questo un vecchio marchio già ben conosciuto e non un nuovo Brand da creare, ritenevo che una comunicazione del genere avrebbe funzionato bene per difendere la quota di mercato e aumentare la fiducia dei clienti, e quindi procurare contratti per le spedizioni.

Chiaramente l’idea fu bocciata.

Troppo scontata la “Sicurezza” come valore (però all’epoca nemmeno i loro più grandi competitor lo utilizzavano in maniera specifica come avevo suggerito io dopo aver appreso delle loro procedure speciali ). Molto più allettante suggerire l’idea di mari lontani e cieli tropicali.

Cosa fare se la cosa che funzionerebbe meglio è qualcosa di comune e conosciuto?

Mi piacerebbe chiudere dicendo che in seguito ho venduto l’idea a una piccola azienda di trasporti aiutandola a raggiungere il successo, ma questa è una storia vera, e nel mondo reale i brand non si creano con la Pubblicità (che serve invece a difenderli) ma con le Pubbliche Relazioni, però siccome è una storia vera nel mondo reale quell’azienda ha effettivamente realizzato con un’altra agenzia l’idea creativa del Container Spiaggiato, e a oggi ha perso il 38% dei contratti di spedizione, chiuso sette uffici nel mondo e il board di amministrazione ha silurato il rottamatore bocconiano, sostituendo per la prima volta il vertice con qualcuno non della famiglia.

Sento già nelle orecchie quella che potrebbe essere la risposta di Lisa: “Io mi occupavo della comunicazione, non sono una spedizioniera. Era la ditta a avere problemi di gestione, i pacchi non li spedivo io”.

No, cara Lisa. Non spedivi pacchi e purtroppo nemmeno aiutavi a trovare clienti che li dovessero spedire.

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