Perché non riesci a smettere di investire in pubblicità continuando a regalare una marea di soldi alle agenzie pubblicitarie anche se anno dopo anno vedi che i clienti non aumentano e il fatturato resta sempre lì?
Perché anche davanti alla realtà di una agenzia che non fa il lavoro per la quale è pagata, tu come altri imprenditori, fai un gran fatica a liberartene?
Ai professionisti delle pubbliche relazioni, ai copywriter del direct marketing e ai pubblicitari abituati a testare i risultati delle loro azioni appare ovvio che molte agenzie creative stanno sbagliando tutto, e stanno distruggendo il budget dei loro clienti soltanto per generare divertimento e attenzioni inutili ai fini delle vendite.
E forse lo sai pure tu.
Certamente ti deve venire qualche dubbio che ci sia qualcosa che non va se stai continuando a dare soldi a web agency e agenzie creative ma il tuo fatturato non decolla mai.
E allora perché molti imprenditori accettano di rinnovare il contratto delle loro agenzie pubblicitarie invece di staccare la spina e investire diversamente i fondi destinati al marketing?
Principalmente per due ragioni: in primo luogo perché spesso i clienti, come sosteneva David Ogilvy, si fanno impressionare dal fatto che queste agenzie sono così grandi, hanno vinto così tanti premi e se ne parla così bene sui siti e sulle riviste di business che restano impressionati dalla loro reputazione e si convincono che prima o poi toccherà anche a loro un pezzettino del loro splendore.
Quello che dovrebbero controllare, invece, è di quante aziende hanno fatto effettivamente la fortuna triplicando i fatturato e distruggendo la concorrenza, ma sugli immensi muri bianchi delle agenzie ci sono affissi giganteschi poster con le loro campagne più famose, ma di grafici economici dei clienti nemmeno l’ombra.
Poi c’è un’altra più importante ragione che fa leva su alcune delle nostre paure innate, ma prima di svelartela rispondi a questa domanda:
Quanto saresti disposto a pagare per ricevere un euro?
Perché non si riesce a smettere di investire in pubblicità: La Trappola dei Costi Sommersi.
Quindi, quanto saresti disposto a pagare un euro?
Secondo Martin Shubik, matematico e economista di Yale, molti di noi potrebbero arrivare a tirare fuori dal portafoglio fino a tre o quattro euro per aggiudicarsi consapevolmente un singolo euro. Un comunissimo euro del semplice valore di un euro.
Lo ha dimostrato nel 1971 con un esperimento poi divenuto molto famoso.
L’esperimento in realtà non è che un’asta. In vendita c’è un euro. C’è un banditore e ci sono degli offerenti, almeno due diciamo. La base d’asta è un centesimo, chi alla fine offre di più si mette in tasca l’euro in palio.
La particolarità fondamentale di questa strana asta è che il secondo miglior offerente deve pagare al banditore d’asta la cifra che ha offerto, senza però ricevere nulla in cambio, essendo stato battuto nella gara per aggiudicarsi l’euro.
Quello che succede di solito è che al termine di una lotta serrata qualcuno vince l’asta ma, facendo bene i conti, è abbastanza poco soddisfatto perché la somma pagata è molto superiore al valore del suo sudatissimo euro.
Cosa è successo? Chi può essere così sciocco da essere disposto a pagare un misero euro una somma tre volte maggiore del suo valore?
Probabilmente gli stessi che seguitano a dare soldi alle agenzie pubblicitarie in virtù dei soldi che hanno già investito, invece di considerarli ormai perduti e tirarsi indietro…
Seguiamo passo passo il meccanismo della trappola perfetta.
I partecipanti all’asta siamo io e te. Inizio io e offro 10 centesimi, tu se accetti di partecipare all’asta offrirai sicuramente almeno 11 centesimi.
In quel preciso momento siamo già stati fregati.
Io di certo non voglio pagare i miei 10 centesimi per non avere nulla. Ricordati, abbiamo detto che secondo le regole di quest’asta pure il secondo miglior offerente deve pagare la cifra offerta anche se poi non avrà niente. E quindi rilancio a 12 centesimi, diciamo.
Tu farai il mio stesso ragionamento, e per non fare la figura del pollo, rilancerai a 13. Io adesso sono di nuovo secondo e per le stesse ragioni rilancio a 14.
E così, via via, rilancio dopo rilancio arriviamo alla soglia dei 50 centesimi, il banditore comunque vadano le cose si mette in tasca già un euro e un centesimo e ha già guadagnato, ma per noi due la guerra è ancora lunga.
Duellando con accanimento arriviamo a 99 centesimi di rilancio, uno dei due potrebbe almeno guadagnare un centesimo ma difficilmente l’altro glielo farà fare, e rilancia.
Un euro. Comunque tanto rumore per nulla, non ci sarà guadagno ne per me ne per te.
Ma il secondo offerente, ormai con entrambi i piedi dentro la trappola, molto oltre il punto di non ritorno, penserà che “Vabbè, rilancio. Ci rimetto un centesimo, ma porca miseria, non gliela voglio dare vinta a quello e perdere i miei 99 centesimi!”
E l’altro farà lo stesso conto. E ecco che rovinosamente, di centesimo in centesimo, rilancio scellerato su rilancio scellerato, qualcuno arriverà facilmente a sentir uscire dalla sua bocca la parola “Tre Euro!” (o anche quattro o cinque…) per una piccola monetina da un Euro.
“Ho Investito Troppo Per Mollare Ora”
Ecco la risposta che ricevo puntualmente dai nuovi possibili clienti ai quali consiglio di smettere di investire in pubblicità creative che ormai hanno dimostrato di non funzionare, e ritirare tutti i loro carrarmatini dalla regione della Kamchatka prima di perderne ancora.
La metafora con Risiko non è campata in aria.
Quella che ho appena illustrato è esattamente la spiegazione del perché dopo aver già perso decine di armate attaccando un territorio avversario seguitiamo ad attaccarlo perdendone altrettante invece di fermarci e cambiare piano di conquista.
Ci sono storie di aziende che una volta investiti, ad esempio, 40 milioni di dollari dei 50 necessari a sviluppare un nuovo macchinario, nonostante fosse giunta loro la notizia di essere stati battuti sul tempo da una azienda concorrente che aveva appena lanciato sul mercato un macchinario che rendeva superato il loro, hanno deciso comunque di investire i 10 milioni rimanenti perché “…abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno“.
Per orgoglio, per evitare di sentirsi sciocchi, per timore del giudizio altrui o per un certo senso di coerenza con le decisioni prese in passato è difficile abbandonare un’impresa anche se si sta rivelando un insuccesso clamoroso.
Se abbiamo già investito molto tempo, energie, sentimenti o impegno in qualcosa non ci piace mollare e ammettere che andrà tutto sprecato per nulla.
E allora preferiamo “continuare a farci del male” invece di fare un bel sospirone e considerarli perduti. Anche se abbiamo solo da perderci.
Succede a tutti.
Nei primi anni 2000 quando ancora esisteva Blockbuster affittavo una grande quantità di DVD e spesso capitava che nel weekend avessi voglia di vedere un bel film ma poi mi rendessi conto di aver preso per sbaglio un titolo che avevo già visto un paio di volte, e che non mi era piaciuto nemmeno poi così tanto. Sarebbe stato meglio decidere di uscire a prendere un nuovo DVD o andare al cinema.
Invece restavo a guardare annoiato il film che avevo.
E non era per la fatica di uscire ma perché “ormai l’ho preso” e fare diversamente avrebbe voluto dire che ero stato fesso, avevo buttato soldi e tempo inutilmente. E allora perché non sprecare altro tempo guardando un film che avrebbe dato pochissima soddisfazione alla mia voglia di vedere un bel film?
E’ la trappola dei Costi Sommersi, un inganno mentale che le agenzie pubblicitarie sono bravissime a sfruttare.
Le aziende non riescono a smettere di investire in pubblicità perché le agenzie pubblicitarie gli fanno credere che la creatività è un investimento che paga nel tempo.
Bisogna seguitare a buttarci dentro soldi, “costruire l’immagine di marca” anno dopo anno senza vedere risultati finché un giorno finalmente “si ottiene penetrazione del mercato” e i risultati arrivano.
E ai clienti, dopo averci speso un sacco di soldi, spesso manca il coraggio di perdere tutto interrompendo la vecchia comunicazione o cambiando strategia, ad esempio investendo in un messaggio diretto, posizionante e facile da testare invece che in intrattenimento creativo.
Spesso sono costretto a spiegare ai miei nuovi clienti che c’è ben poco che possiamo salvare dal materiale che hanno prodotto con altre agenzie, perché si tratta di spot, immagini fotografiche o annunci divertenti che però non servono a molto al loro marketing, e ogni volta vedo nei loro occhi la disperazione. “Ma almeno questo… riutilizziamo almeno questo” mi pregano.
Una pessima trappola mentale.
Il denaro e le risorse già investite non dovrebbero mai condizionare le scelte future.
Sarebbe logico pensare che una azienda basi le sue decisioni su quello che davvero è importante, cioè in questo caso, a fronte di un certo budget speso ottenere un risultato economico maggiore, rubare quote di mercato alla concorrenza, imporsi come primo brand della sua categoria nella testa del suo cliente, e peccato se ormai si sono buttati dei soldi. Continuare a buttarne inutilmente altri non migliorerà la situazione.
Invece come abbiamo visto, per cause totalmente irrazionali, che nulla hanno a che fare con una corretta valutazione della propria strategia in termini di costi e benefici futuri, le cose non stanno sempre così.
Quello che dovresti fare tu, se ti riconosci in questa escalation al massacro, è chiaramente smettere di investire in pubblicità che non ti portano risultati.
Il passato è passato, rassegnati a incassare la perdita, ormai è andata. Probabilmente hai finanziato i vizi di un direttore creativo godereccio ed esigente in fatto di comfort, e hai speso soldi per farti proporre idee creative che hanno divertito, stupito ed emozionato i clienti che avresti voluto mentre andavano ad aprire altrove i loro portafogli.
Se chiudi il rapporto con la tua agenzia adesso dovrai certamente ammettere di aver commesso un grave errore di valutazione, e di esserti fatto fregare, ma almeno eviterai alla tua azienda danni sensibilmente maggiori continuando a sottrarle inutilmente altre risorse economiche che porterebbero molti più utili investite altrove
Consolati pensando che cadiamo tutti in questo tipo di trappole, il nostro cervello funziona così, commettono lo stesso errore capi di stato, politici e investitori di borsa, che seguitano a mandare al macello grossi capitali o peggio, vite umane per portare a compimento progetti votati al fallimento e cercare di raggiungere obiettivi a costi altissimi pur di salvare la faccia e non avere l’impressione di aver gettato via inutilmente qualcosa senza aver ottenuto niente… però adesso tu lo sai come funziona, e puoi dire stop al tuo personale Vietnam di Marketing.
Nel 1969 le perdite americane erano già salite a 8.000 morti, e l’esito della guerra era chiaro, ma gli Stati Uniti erano ormai entrati nella maledetta spirale dei costi sommersi, erano andati troppo avanti perché fosse facile e onorevole tornare indietro, un processo irreversibile che non impedì di buttare via quell’ulteriore 30, 40 per cento di vite umane che probabilmente si sarebbero potute salvare al costo di accettare l’umiliazione nazionale.
Il Presidente Nixon scelse di procedere con le operazioni militari nel tentativo di portare a compimento una guerra destinata al fallimento con le conseguenze che sappiamo.
Non essere come Nixon.
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